Immaginate una scena comune: una persona cammina tranquillamente in un parco e, all'improvviso, inciampa su una radice nel terreno. Nessuno contempla mai seriamente la possibilità di inciampare, perché si pensa che "basta stare attenti a dove si mettono i piedi". Eppure, malgrado la prudenza, inciampiamo comunque. Questo stesso principio può essere applicato al concetto della difesa personale, o meglio alla “validazione dell’efficacia” delle tecniche che in tanti praticano. Vediamo come.
Le persone scettiche sull'efficacia della difesa personale spesso cercano di mettere in difficoltà la tecnica, oppure amici e parenti, particolarmente se più deboli, per dimostrare la fallacità delle tecniche apprese. Lo fanno contrastando azioni conosciute e previste, con il classico “vuoi vedere che non funziona?” espresso o anche solo pensato. Tuttavia, questo approccio parte da una logica sbagliata.
Immaginiamo il caso di due soggetti A e B: A vuole dimostrare l'inutilità della tecnica di liberazione di B da una presa al collo con due mani. A si aspetta l'azione che B sta per compiere, perché l'ha appena vista o gli è stata descritta. È pronto. Ma cosa succederebbe se, mentre A è concentrato a dimostrare la fallacità dell'azione di B, quest'ultimo sferrasse un inaspettato colpo ai genitali?
Proprio come nel caso dell'inciampo, A non sarebbe preparato a questa eventualità e, molto probabilmente, subirebbe l'azione imprevista di B. Perché invece di riuscire a dimostrare che l’azione era fallace si ritrova ad aver subito un’azione? Il concetto espresso da questo esempio non azzera la volontà di A di dimostrare che non funziona l’azione proposta, ma sposta il focus. La domanda ora diventa: può un aggressore aspettarsi sempre l’azione di liberazione “giusta” e fare un'opposizione efficace?
Torniamo per un attimo all’esempio dell’inciampo. Quindi, se noi sappiamo che stiamo per inciampare, che molto probabilmente fra 3 passi inciamperemo in una radice di albero, siamo in grado di evitare la caduta o addirittura di inciampare? Sicuri? Se avete avuto esperienze in una qualsiasi delle discipline sportive che prevedono gli sgambetti, già sapete che non funziona così. Pure sapendo che quel judoka è forte nel “De ashi barai” [1], quando lo tira andrai a terra, perché il momento in cui lo ha tirato non era quello che ti aspettavi. In ossequio a Dunning-Kruger [2] non cambieremo ancora la domanda perché è inutile.
Aggiungiamo inoltre che l'aggressore ha sicuramente delle aspettative, ma non è detto che queste siano legate all'azione messa in campo dall'aggredito, o che avvengano esattamente nel momento in cui l'aggredito decide di agire, tranne nel caso del maldestro quanto inutile tentativo di dimostrare la fallacità di un’azione.
In conclusione, è la logica che sta alla base del tentativo di dimostrare l'inutilità di una tecnica di difesa personale ad essere fallace. Come non possiamo prevedere ogni radice nel nostro cammino, allo stesso modo un aggressore non può sapere esattamente quale azione e quando l'aggredito la metterà in campo. La difesa personale, quindi, non è basata solo sulla capacità di eseguire tecniche specifiche, ma anche sulla capacità di sorprendere per tempestività o tipologia di reazione il nostro aggressore.
[1] De ashi barai https://www.youtube.com/watch?v=Dd6GuATqWrI
[2] Dunning-Kruger. Questo fenomeno descrive come le persone con meno competenze in un campo tendano a sovrastimare la propria abilità, mentre quelle con maggiori competenze tendono a sottovalutarla. Effetto Dunning-Kruger - su Wikipedia
Ms Chatty Gipit